L’orientamento è un processo ordinato a un fine: la formazione integrale dell’individuo e lo sviluppo al massimo grado delle sue potenzialità. Ma la formazione e lo sviluppo delle potenzialità, innestate sull’essere della persona, trovano espressione immediata nel suo agire e produrre nel mondo. Il luogo in cui l’essere della persona si dispiega attraverso il proprio fare è, per antonomasia, la professione.
Nella lingua tedesca, la professione è indicata col termine Beruf. Questa parola, però, racchiude in sé anche un altro significato, che in italiano possiamo rendere con il termine vocazione. La compresenza di questi due significati, professione e vocazione, è quanto di più significativo si possa dire intorno all’idea del lavoro ordinario, quello che impiega la vita dell’individuo ogni singolo giorno.
Essere un professionista significa avere determinate competenze, acquisire determinate metodologie, disporre di mezzi adeguati a un compito da assolvere ed essere in grado di collaborare all’interno di un team per raggiungere il massimo del profitto ottimizzando al meglio le risorse. Tuttavia si può essere professionisti senza investire sulla professione una parte importante della propria persona, ovvero non investendo alcunché del proprio essere in ciò che si fa. Questa è la professionalizzazione senza vocazione.
Di contro, ci si può sentire chiamati a una certa attività, intravedere nello svolgimento di un certo lavoro la realizzazione piena della propria umanità. “Voglio essere un’oncologa competente perché so che prendermi cura dei bisognosi mi renderebbe una persona felice”, “Voglio diventare un magistrato zelante perché prestare servizio alla mia comunità, collaborando alla sicurezza di tutti e alla nascita di una cultura della legalità, mi appagherebbe veramente”… e sulla scia di queste intenzioni ci si iscrive alla facoltà prescelta. Ma una volta intrapreso il percorso, questo inizia a rivelarsi pesante, impegnativo, richiedente sacrifici e così si inizia a tentennare negli studi, a laurearsi “per il rotto della cuffia”, a diventare uno dei tanti laureati senza infamia e senza gloria, che sul posto di lavoro si destreggia mediocremente, ottenendo risultati scarsi e di bassa qualità. Questa è la vocazione senza professionalizzazione.
In questa sezione, cliccando sugli appositi link, potrai invece ascoltare le esperienze di professionisti che nella loro vita sono riusciti a far coincidere questi due aspetti, a fare della propria vocazione la propria professione e a seguirla in modo serio, competente e fruttuoso. Le loro parole potranno aiutarti a guardare dentro te stesso/te stessa e discernere se anche dentro di te è presente quella scintilla che, unitamente al talento, potrà renderti felice e, allo stesso tempo, utile per quanti servirai con il tuo lavoro quotidiano.